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Stella Maris, supergruppo dai suoni anni ’80. Il 24 Novembre il primo disco

Uscirà il 24 Novembre per La Tempesta Dischi il primo omonimo album degli Stella Maris, un nuovo progetto che porta come nome uno degli epiteti formulari più belli del Medioevo Latino rivolti a Maria considerata protettrice di chi viaggia e cerca la propria strada di vita per mare.

Dai Replacements agli Smiths, dalle zone più levigate degli Husker Du all’apparente spensieratezza degli Housemartins, cullato e accarezzato da reminiscenze anni ’80 in cui protagonista è la voce portata per mano da chitarre dal sapore celestiale, Stella Maris rispolvera la purezza di quegli anni riproponendo un quadro dalle tinte tenui e atmosfere pure in cui è possibile perdersi. La base da cui tutto scaturisce è sfacciatamente rock, testimoniata anche dalla presenza di sole chitarre basso e batteria, ma non mancano in alcuni episodi radici punk e soprattutto psichedelia, tutto rimescolato e cotto in una forma moderna di spiccata freschezza compositiva.

Ugo Cappadonia e Gianluca Bartolo (Il Pan del Diavolo) inventano riff accattivanti, sempre accompagnati dalla sezione ritmica di Paolo Narduzzo e Emanuele Alosi. Chiude il cerchio Umberto Maria Giardini – ex Moltheni – che in questa occasione sforna un atteggiamento vocale diverso e di velluto, adatto a completare l’affresco a delineare ombre e zona di luce a tutto tondo Stella Maris nuota in un mare di poesia e stupisce per la sua semplicità, diretta e autentica come una perla sul fondale di un mare chiamato musica italiana. Traiettorie ben delineate e incastri perfetti in cui la voce arieggia e rende tutto leggero e allo stesso tempo potente, nitido.
Una band sopra le righe che sviluppa tutte le esperienze dei cinque componenti e che delinea un nuovo percorso per la musica pop di alta qualità in Italia. Un piccolo mare, ma che riserva tesori nascosti di spiccata bellezza.

Da Piango Pietre che incalza addirittura come un brano dei Dropkick Murphys – “Figli miei / idioti al cellulare” – al singolo Eleonora No (“Figli miei / idioti al cellulare”) per giungere a Quando un amore muore non ci sono colpe, che suona esattamente à la Manchester di primi anni ’80, il disco è una rassegna preziosa e raffinata di chorus, clean cristallini, fade-in e fade-out come meglio il cosiddetto dream pop ha saputo forgiare.

La traccia: Se non sai più cosa mangi, come puoi sapere cosa piangi?, che suona come un’altra faccia di “The Queen Is Dead” e sembra suonato e cantato dal Morrissey di quegli anni (“La mia vita non ruggisce più / Le ragioni che oscillavano / guarda caso le cambiavi tu”).
Giulio Pantalei
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