Food&Wine

Panarda, orgia di cibi contro il logorio della vita moderna

di Roberta Maresci

Panarda, orgia di cibi contro il logorio della vita moderna. Accade in Abruzzo, più precisamente è accaduto a La Casa Del Gelso, un casale dell’800 incastonato nelle campagne tra Città Sant’Angelo e la vicina costa. Lì, in uno dei “borghi più belli d’Italia” che la rivista americana Forbes ha classificato tra i 10 posti al mondo dove si vive meglio, lì, lo chef Danilo Albani ha cucinato ben 50 portate, inserendo tutte e 149 eccellenze agroalimentari che la regione offre, rispetto alle 5333 di tutta Italia, a detta Coldiretti. Qui, saperi e sapori sono andati in scena. Con il Gruppo Orchestra Popolare del Saltarello a fare da colonna sonora all’evento, è toccato alla polpettina di alici e zucca aprire il pantagruelico banchetto. Tallonata dalla cozza alla vastese e dalle seppioline con i piselli, la quarta portata ci ha davvero immerso nell’atmosfera natalizia: le frittelle della Vigilia. Ossia uno dei piatti forti abruzzesi: il baccalà fritto in pastella.

 

MENU’ ANTISTRESS

Poteva mancare l’arrosticino? Il menù lo dava al quinto posto. Un piatto decisamente tipico della regione, riconosciuto anche fuori dai confini nazionali. Secondo lo storico Francesco Avolio, il territorio d’origine sarebbe quello a cavallo fra gli attuali comuni della zona del Voltigno, ovvero Farindola, Villa Celiera, Civitella Casanova, Civitaquana, Catignano e Pianella. Ma sono diverse le versioni di questo gustoso piatto dove la pecora può essere sostituita dal castrato. Che si chiamino “rustolle” o “rustelle” (piccoli arrosti), la Panarda lo ha portato in tavola dentro degli otri in cotto, coricati a facilitarne la presa. I commensali? “Costretti” a mangiar tutto. Non tanto per dire. Ma perché nella Panarda ognuno dei cinquanta piatti va spazzolato. Che si faccia per onorare Sant’Antonio, il patrono degli animali da cortile, o per celebrare vendemmia, raccolta dell’olio o altri momenti correlati al lavoro svolto nei campi, poco cambia. La Panarda è un evento antistress, ansia, depressione e stanchezza. In pratica, un’orgia alimentare che modula l’attività del sistema nervoso e sostiene il tono dell’umore. Provare per credere. Chi scrive ha messo alla prova il proprio stomaco durante il tour organizzato dalla Camera di Commercio di Chieti Pescara con la collaborazione di Abruzzo Travelling. Il risultato? Strano ma vero, finita la cena nessun senso di pesantezza allo stomaco. Anzi, anche i sassi sono stati buoni da mangiare. Quali sassi? Quelli d’Abruzzo. La portata numero 42 del menu. Ossia le mandorle “atterrate” (o “sassi d’Abruzzo” appunto), ricoperte di zucchero fuso che, una volta caramellato su di esse, le rende simili a delle piccole pietruzze scure: da qui proviene il nome, perché queste minute squisitezze sembrano simili a dei piccoli sassolini in mezzo alla terra. Sassi, seguiti dalle ferratelle, il dolce di Natale abruzzese. Sono cialde cotte con uno strumento in ferro la cui piastra è detta “lu ferre” o “jo fèrro”. Che siano stati i romani o  meno a inventarle chiamandole crustulum, non cambia la loro gustosità. Ma la cena ancora non era finita. Perché la chiusura della maratona gastronomica è toccata a sette tipi diversi di dolcetti del forno di Nonna Rita.

TOUR TRA SAPERI E SAPORI IN ABRUZZO

L’esperienza merita, eccome, al punto che “la Panarda è un’offerta turistica grazie anche al ruolo fondamentale dell’Istituto Alberghiero di villa Santa Maria che opera come laboratorio permanente di studio, ricerca e innovazione. Partner dell’Istituto Alberghiero è la prestigiosa Accademia Italiana della Cucina che con il suo contributo ha realizzato, per il palato, piatti della Panarda. Fra quelle più storiche, vale la pena ricordarne una della fine dell’800 data da un signorotto aquilano in onore di Scarfoglio, D’Annunzio, Serao, Michetti, Melocchi e altri ospiti eccellenti. Ma in quei tempi il banchetto era composto da 28 portate e ogni portata veniva salutata con una salva di cannone che sparava (schersosamente) il “guardiano di Panarda” quando i commensali si arrendevano alla sazietà, facendoli etichettare quindi come “traditori” per non aver mangiato tutto”, spiega Claudio Ucci, del Consorzio Abruzzo Travelling.   

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Redazione

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